Nella corsa allo spazio sono stati investiti solamente nel 2021 ben 370 miliardi di dollari; nell’economia subacquea praticamente niente. “Eppure il futuro del mondo è molto legato alla capacità di gestire le risorse ‘underwater’, fin qui del tutto trascurate”, ripete da tempo l’ammiraglio Enrico Credendino, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare.
Si tratta infatti di un settore fondamentale che spazia dal commercio marittimo (più dell’80% del traffico internazionale transita via acqua, in particolare attraverso 4 snodi fondamentali: Stretto di Malacca, Canale di Panama, Stretto di Hormuz e Canale di Suez) ai cavi sottomarini (da dove passano il 98% delle comunicazioni internet globali e transazioni finanziarie pari a 10 trilioni di dollari al giorno), dall’estrazione e trasporto di energia allo sfruttamento dei minerali critici, dalla produzione di cibo alle energie rinnovabili.
Secondo l’Ocse, il valore aggiunto generato dall’industria oceanica a livello globale potrebbe raddoppiare, passando da 1.500 miliardi di dollari nel 2010 a 3.000 miliardi nel 2030. Per Fincantieri, il solo dominio “underwater” raggiungerà, nel periodo 2024-2030, un valore complessivo di oltre 400 miliardi di euro tra offshore energy (250 miliardi), Difesa (94 miliardi), Ict (44 miliardi), deep sea mining (18 miliardi) e oil&gas (15 miliardi).
Se questa è la fotografia, è chiara l’urgenza di presidiare i nostri interessi nazionali in uno scenario geopolitico dove si moltiplicano blocchi e disaccoppiamenti.