L’isola sconta deficit infrastrutturali antichi e la malagestio di fondi pubblici. Ora venti miliardi di dotazione potrebbero cambiare il panorama. Sarà la volta buona?
Poco prima di arrivare a Villa San Giovanni, dove ci si imbarca per la Sicilia, tra le case e la collina sbuca una enorme scatola di cemento. E’ una galleria lunga poco più di un chilometro costruita per deviare la ferrovia e fare spazio ad uno dei piloni che avrebbero dovuto (o dovrebbero) sorreggere il Ponte sullo Stretto, lato calabrese.
La galleria, detta anche variante di Cannitello, o “ecomostro” per gli antipatizzanti, è pronta dal 2012, è costata 26 milioni di euro e da oltre un decennio attende di capire, mezza abbandonata, quale sarà il suo destino.
Non ci sarebbe nulla di nuovo in questa ennesima opera incompiuta (l’elenco è sterminato) se non fosse che da qualche mese, per la precisione dal decreto 35 del 31 marzo 2023 poi convertito in legge a fine maggio, il governo Meloni-Salvini è tornato a suonare la fanfara del Ponte, riattivandone l’iter.