“Dobbiamo essere sempre pronti con i piani di evacuazione”, dice Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo, primo ricercatore Osservatorio Vesuviano dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). “A differenza di vulcani come l’Etna o lo Stromboli i Campi Flegrei (letteralmente “campi ardenti”) hanno lunghe stasi che inducono a pensare non ci saranno più eruzioni, ma non è così. Possono esplodere all’improvviso, lo hanno già fatto nell’antichità e, più recentemente, nel 1538 quando è comparso il Monte Nuovo.”
La grande caldera flegrea è un unicum in Europa che si estende a ovest di Napoli tra la pianura di Posillipo, Bagnoli e i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto e Giugliano. L’area vulcanica comprende diversi crateri – i più famosi sono quelli della Solfatara e il lago d’Averno, la porta degli Inferi secondo Dante e Virgilio – ed è tornata al centro delle cronache negli ultimi mesi per il sollevamento del terreno causato da variazioni di pressione sotterranea legate ad attività magmatico-idrotermale.