Quindici anni di zaia in veneto

L’ultima eredità, o “promessa” elettorale, lasciata al successore è il progetto del nuovo ospedale di Padova. Luca Zaia ripete da tempo che il Giustinianeo (l’ospedale storico della città) ha limiti strutturali, logistici e di spazi incompatibili con la sanità del futuro. Insomma, servirebbero nuovi padiglioni, flessibilità, terapie intensive e diagnostica moderne.

Il cantiere dovrebbe partire il prossimo anno (criticità su localizzazione, viabilità e trasporti permettendo). Si parla di un investimento da 800 milioni in gran parte finanziato da fondi Inail. I più maliziosi fanno notare che il prestito andrà poi rimborsato, costringendo il prossimo governatore ad alzare la tanto vituperata addizionale regionale, un tabù che il presidente uscente non ha mai voluto rompere.

Investimento strategico o “grana” politico-fiscale, lo si capirà strada facendo; ma già solo parlare di un futuro ormai prossimo orfano di Zaia – per quindici anni alla guida di una regione che, dopo tangentopoli, ha praticamente conosciuto solo due lunghe dinastie politiche (quella del forzista Giancarlo Galan dal 1995 al 2010 e, appunto, quella del leghista Luca Zaia dal 2010 al 2025) -, permette di fare un bilancio di quel che lascia, non potendosi più ricandidare, anche al netto della narrazione trionfale che può costruirsi (o possono affibbiare a) un presidente di regione investito direttamente dal voto popolare.

Tre mandati pieni sono infatti un periodo sufficientemente lungo per provare a capire com’è cambiato il Veneto in questi anni, passando attraverso una crisi del debito sovrano, la fine della globalizzazione per come l’abbiamo conosciuta, la trasformazione dei distretti industriali, una tempesta tremenda (Vaia), una pandemia epocale e la guerra in Ucraina.

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