Il gigante Goliat

La riconosceresti in mezzo a mille piattaforme offshore perché è di un colore rosso intenso e soprattutto rotonda, progettata per resistere alle tempeste artiche. Anche il lavoro a bordo è quello tipico di chi non lascia nulla al caso. “La sicurezza prima di tutto…”, mi spiega un capo squadra sistemandosi il caschetto mentre tecnici e operai stanno finendo i preparativi per la messa in produzione di questo gigante da 64 mila tonnellate, 107 metri di diametro, 14 linee di ancoraggio e 100mila barili al giorno di capacità produttiva.

Quindici anni dopo la scoperta del petrolio nel Mare di Barents l’avveniristica unità galleggiante Sevan 1000, tecnicamente una “Floating and Production Storage Offloading Unit”, ha superato i test finali e il 12 marzo ha cominciato a produrre. Eni ha il 65% del progetto, la parte restante è della norvegese Statoil.

Per capire come la più estrema piattaforma offshore della compagnia italiana estrarrà petrolio a 80 chilometri dalle coste norvegesi, occorre fare due passi indietro. Uno in Corea del sud, l’altro in Iraq.

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